La sindrome di Ménière è un disturbo dell’orecchio, che se non curato può portare a labirintiti o disfunzioni cervicali, e quindi a vertigini. Ma quali sono i sintomi di questa patologie? Cosa la provoca? E come rimediare prima che si presentino problemi alla cervicale.
Le cause e i sintomi
La sindrome di Ménière è una patologia che colpisce l’interno dell’orecchio, nel quale è presente un accumulo anomalo di endolinfa, e può provocare vertigini, nausea, vomito, acufeni (ossia rumori nell’orecchio) e sordità, di solito ad un orecchio solo. Nella fase iniziale, questi sintomi sono sporadici, ma se si trascura il problema ed esso arriva nella fase avanzata, tali problemi possono diventare permanenti e portare alla sordità completa, nonché depressione ed ansia.
A causare questa sindrome, possono essere delle anomalie vascolari, simili a quelle delle emicranie, delle allergie, delle infezioni virali, i meccanismi di patologie autoimmuni (come quelle del lupus o della psoriasi), dei fattori genetici, dei processi di ossificazione dell’appartato vestibolare o degli squilibri nel contenuto dell’endolinfa.
La diagnosi e i trattamenti
Per diagnosticare questa patologia è necessario che il medico curante effettui una valutazione clinica, seguita da un’audiometria e un RM con gadolinio, in modo da escludere altre cause. Questa sindrome è difficile da individuare e, quindi, può essere necessaria anche una diagnosi differenziale, che comprende altri esami, come una risonanza magnetica e delle analisi del sangue.
Un altro esame che si può richiedere è il test di Halmagyi, una manovra diagnostica usata per la disfunzione labirintica unilaterale. Tale test prevede che l’esaminatore faccia fissare al paziente un determinato bersaglio, mentre lui ruota rapidamente la testa da 15 a 30° per osservarne gli occhi. Se gli occhi del paziente rimangono fissi sul bersaglio, la funzione vestibolare è normale.
La terapia da adottare cambia a seconda della fase in cui si trova la patologia. Nella fase iniziale, il medico prescrive dei farmaci, in particolare quelli per prevenire le vertigini e la nausea, oppure dei diuretici e dei beta-bloccanti, che aiutano a diminuire la pressione vestibolare.
Non è escluso che sia in questa fase che in quella avanza si possa ricorrere alla chirurgia, ed in questo caso sono quattro i possibili interventi, di cui i primi tre sono invasivo, mentre il quarto lo è in maniera moderata, ovvero:
- la decompressione del sacco endolinfatico, in cui si riduce la pressione dell’endolinfa nell’interno dell’orecchio;
- la labirintectomia, che comprende l’asportazione del labirinto dell’orecchio interno colpito;
- la sezione del nervo vestibolare, in grado di bloccare le anomalie che si trasmettono l’orecchio e il cervello;
- la terapia a micropressione, che consiste nell’inviare impulsi di pressione che defluiscono l’endolinfa, con uno specifico strumento.
Se si arriva a perdere quasi o del tutto l’udito, l’unica soluzione possibile sono degli apparecchi acustici, e nel caso degli acufeni si può optare per delle terapie del suono, che prevedono di far ascoltare al paziente della musica rilassante. Di aiuto, può essere anche una dieta equilibrata, a basso contenuto di sale, ed evitare di bere caffè o alcolici.